giovedì 20 novembre 2014

Impossibili Equazioni. 
C'era un tempo in cui era possibile
accarezzare qualche speranza,
poi tutto ha cominciato a degradarsi,
a sfaldarsi ai margini,
puntualmente registrato dal "cinema"
con la storia di un poveraccio
che non riesce ad uscire
dal contesto sociale in cui è nato,
nonostante la sua ferrea volontà.
Questo film sancisce l'impossibilità
di fare alcunchè o di "migliorarsi" od emanciparsi.
Metafora del blocco della mobilità:
l'ascensore sociale si è definitivamente
guastato e deve essere necessariamente rottamato.
Gli esclusi rimangono e devono rimanere esclusi,
e se non hanno alcuna possibilità di divenire
soggetti dotati di diritti -di acquisirli-,
anche a costo di dover adottare comportamenti
"sconvenienti" potenzialmente capaci
di generare sgomento e paura secondo
l'antico adagio "occhio per occhio, dente per dente",
nasce insofferenza e fastidio nei loro confronti.
Da qui alla negazione del diritto all'esistenza
per i tipi, anzi no, fenotipi, che differiscono leggermente
dal paradigma discendente
dal modello neo-liberista,  il passo è breve.
Ecco dove l'eugenetica sembra fornire
una soluzione: "la soluzione finale!"...
La produzione è un fatto sociale. Gran parte delle cose che ci servono, no, meglio, che usiamo nel corso della vita sono prodotte da altri soggetti umani, no, meglio, umanoidi, no, meglio... sociali... soltanto una piccolissima frazione è prodotta da noi stessi. Allora dovrebbe essere accettata come una benedizione qualsiasi cosa che consenta alle genti di "associarsi", perchè più persone possono garantire una migliore qualità della vita, no, meglio, una maggiore produzione di oggetti, o, al limite -che come indica il termine stesso non viene mai raggiunta, ma, perseguita tenacemente e asfintoticamente- una migliore redistribuzione di ricchezza, secondo quanto ciascuno desidera e quanto a contribuito alla produzione, cioè in base alle sue "voglie" e in base al suo impegno nella produzione di nuova "ricchezza", no, meglio, di oggetti, al limite, di-gestibili e/o fru-ga-ibili. Ora però accade che la distribuzione della nuova ricchezza prodotta non è un fatto sociale, e il criterio per la attribuzione della stessa è mera, semplice, brutale forza. Cioè i diversi soggetti sociali si "spartiscono", no meglio, si attribuiscono una quota di questa ricchezza in base alla loro forza, ma allora perchè i soggetti deboli prendono parte a questo processo? Potrebbero rifiutarsi o decidere di produrre -e dunque procedere a un diverso consorzio umano- nuova ricchezza usando criteri di ripartizione diversi dalla forza bruta. Qualcuno dirà che essendo deboli non hanno alternativa, si devono adeguare a quello che i potenti hanno predisposto per loro... -"mangiare la loro minestra o saltare dalla..."- ecco, questi tipi sono lacchè analo-compulsivi al soldo dei potenti che dovrebbero essere evitati a qualsiasi costo -perfino la morte. quelli che vogliono obbligare a scegliere tra l'uso della forza e la consapevolezza di essere un inutile fardello a carico di quelli che "offrono" il lavoro e non fanno altro che lamentarsi e formulare incessantemente e noiosamente nuove richieste di miglioramento economico e sociale senza che facciano alcunchè per cercare di migliorarsi, sono un vero e proprio peso morto da trasportare faticosamente sulle spalle!

...C'era un tempo in cui era possibile
accarezzare qualche speranza,
poi tutto ha cominciato a degradarsi,
a sfaldarsi ai margini,
puntualmente registrato dal "cinema"
con la storia di un poveraccio
che non riesce ad uscire
dal contesto sociale in cui è nato,
nonostante la sua ferrea volontà.
Questo film sancisce l'impossibilità
di fare alcunchè o di "migliorarsi" od emanciparsi.
Metafora del blocco della mobilità:
l'ascensore sociale si è definitivamente
guastato e deve essere necessariamente rottamato.
Gli esclusi rimangono e devono rimanere esclusi,
e se non hanno alcuna possibilità di divenire
soggetti dotati di diritti -di acquisirli-,
anche a costo di dover adottare comportamenti
"sconvenienti" potenzialmente capaci
di generare sgomento e paura secondo
l'antico adagio "occhio per occhio, dente per dente",
nasce insofferenza e fastidio nei loro confronti.
Da qui alla negazione del diritto all'esistenza
per i tipi, anzi no, fenotipi, che differiscono leggermente
dal paradigma discendente
dal modello neo-liberista,  il passo è breve.
Ecco dove l'eugenetica sembra fornire
una soluzione: "la soluzione finale!".