mercoledì 14 novembre 2012

Partito nuovo... uomo nuovo. Uomo nuovo--- partito nuovo.
Bisogna togliersi dalla mente che possa nascere un “partito nuovo” che non sia un'organizzazione che si pone come obiettivo il superamento dell'attuale sistema capitalistico. L'attuale crisi è simultaneamente congiunturale, strutturale e sistemica e trae origine e forza dalla impossibilità di retribuire il capitale direttamente nella sfera della produzione di merci. La finanziarizzazione dell'economia ha come obiettivo la retribuzione del capitale, che non ha più sufficiente “alimento” dal settore reale. Pertanto oggi la crisi si configura come crisi dell'attuale sistema economico dominante ed ha come epicentro, finalmente (a meno di una qualche miracolosa risurrezione del sistema stesso, che ha sempre dimostrato una capacità di rigenerazione e mutazione incredibile), il profitto stesso. Chiunque si ponga dentro tale sistema ha già perso la sua “battaglia” per un partito “onesto”, “pulito”, “non corrotto”... il problema è che un partito, qualsiasi partito, in un contesto capitalistico non può non essere “corrotto”, essendo funzionale agli interessi enecessariamente agganciato al mondo dell'impresa capitalistica. Che che se ne dica, e con buona pace degli esegeti del libero mercato, il sistema capitalistico è molto distante dal paradigma della concorrenza perfetta. Si trova esattamente al suo opposto. Ogni impresa per poter vivere ha necessità -estremo bisogno- di stabilire una rete di relazioni il più possibile permanenti e durature, tali da rendere la sua attività il più possibile stabile. All'interno di questa cornice i partiti, tutti i partiti che si muovono nell'orizzonte di questo sistema, sono o divengono, in breve tempo, necessariamente delle “appendici” del mondo dell'impresa.
Esiste un nuovo modo di concepire un partito?
“Un nuovo partito, una nuova forma di organizzazione, in questo momento, sembra essere necessaria come il pane”.
Come dovrebbe essere il partito?
Non credo che si possa ricorrere ai tipi di organizzazioni politiche del passato, riproporre un partito di tipo “giolittiano”/”anglosassone” o un partito “leninista”. Quindi, in tal senso, si tratta davvero di costruire qualche cosa di nuovo.
Che caratteristiche dovrebbe avere?
Certamente non dovrebbe essere un partito di “opinione”, un partito leggero. Al contrario dovrebbe avere una potente rete organizzativa ed una capillarità tale da far impallidire persino i “carabinieri”. Dovrebbe essere presente in ogni paese ed in ogni città, proprio come era presente il vecchio PCI. Strutturarsi secondo comunità territoriali che riproducano in ambito economico l'esperienza del software libero, dotarsi di centri motore di sviluppo economico totalmente compatibili con il mantenimento integrale dell'ambiente naturale. Eliminare totalmente l'idea stessa di profitto, che non significa rinunciare alla ricchezza, ma configurarla diversamente dall'accumulazione di carta straccia. Verificare sul “campo”, selezionare e riprodurre le esperienze economiche significative e valide. Dovrebbe considerare prioritari l'aspetto economico e la tutela integrale dell'ambiente naturale, in quanto componente essenziale di ogni aspetto della vita comunitaria e a partire da ciò fare della dignità di ogni essere umano un principio inviolabile ed inalienabile. Capace di infiltrarsi in ogni interstizio della società e divenire egemone non solo culturalmente ma, soprattutto, economicamente.
Il movimento 5 stelle.
Credo molto nel Movimento 5 Stelle. Condivido quasi tutto il programma di questo nuovo soggetto politico, però sono convinto che, nonostante si tratti di consistenti e rilevantissimi contributi alla realizzazione di un tipo di democrazia diretta e diffusa, non sia sufficiente.
La partita si giocherà essenzialmente sul terreno economico peraltro macroscopicamente truccato. A partire da questo dato di fatto, bisognerebbe costruire una nuova, inedita, forma di organizzazione. A fronte della crisi devastante che attraversa tutto il mondo e che non ha ancora esplicato i suoi maggiori effetti. è chiaro che la credibilità di un (nuovo) soggetto politico sarà necessariamente proporzionale a quello che riuscirà a mettere in campo come nuovo progetto di sviluppo economico capace di bloccare gli effetti della crisi in corso.
Il sistema capitalistico sembra somigliare sempre più ad un “gigante con i piedi d'argilla” e forse sono maturate le condizioni che consentono di assestargli un “colpo di incontro” capace di metterlo definitivamente al tappeto. Il sistema attuale è stato in grado di salvare soltanto banche, multinazionali e poco altro, “gettando a mare” tutto il resto, inclusi i settori della borghesia medio alta. Questo è un elemento inedito della crisi. Il sistema è talmente debole da dover “sacrificare” quel che è sempre stato usato come uno straordinario elemento di “assorbimento” e “contenimento” di tutte le istanze rivoluzionarie. Nel fare questo, però, ha lasciato dietro di se enormi spazi vuoti -che andrebbero occupati immediatamente-, anche perchè convinto di aver acquisito una specie di invulnerabilità a causa di una serie di meccanismi posti in essere a livello internazionale capaci di contenere e controllare le eventuali spinte, vecchie e nuove, verso un superiore sviluppo economico ed una maggiore giustizia sociale. Questo sembra spiegare come mai le enormi mobilitazioni che si sono verificate in Grecia, non hanno ottenuto, almeno per il momento, nessun risultato tangibile. Nessun risultato è emerso da queste enormi “scosse telluriche”, perché nessuno sa dove cazzo andare e come scardinare questi meccanismi che sembrano essere “invisibili ai comuni mortali” ed irraggiungibili, ma che pesano come montagne sulla vita di miliardi di persone. Non si tratta di “tradimento”, o, almeno non soltanto di quello, delle forze politiche che tradizionalmente erano legate agli interessi dei ceti popolari, ma di una impossibilità oggettiva di modificare alcunché all'interno degli schemi tradizionali e di una mancanza di prospettiva dovuta al fatto che ci si sta inoltrando in un nuovo terreno. Sembra necessario scompaginare totalmente lo schema di azione economico-politico andando ad occupare tali enormi spazi vuoti che il capitalismo ha lasciato dietro di se e che a questo punto non sembra più in grado di gestire (sviluppo pienamente sostenibile con l'ambiente, sanità, istruzione, gestione delle risorse necessarie alla vita come il cibo, l'aria, l'acqua...). Ma come è possibile gestire questo enorme e complesso insieme di spazi, beni e servizi potenziali? È in questo contesto che ha senso porsi il problema dell'organizzazione -del “partito nuovo”-, tenendo bene a mente che non sarà più possibile attuare le “solite” “ricette” di “sviluppo economico”, le classiche politiche keynesiane, sia perchè quel tipo di teoria soffre di indeterminatezza, essendo venuto meno il trade-off tra inflazione e occupazione, sia perchè esistono tutta una serie di vincoli a livello internazionale che possono far fallire questo tipo di strategia economica nel modo peggiore, scippando tutto l'incremento di reddito che un singolo paese è stato capace di realizzare (a questo proposito si può ricordare la prima esperienza mitterrandiana) e costringendolo ad un rapido dietrofront. I meccanismi che congiuntamente e in maniera sinergica, nel concreto, impediscono l'adozione di politiche di sviluppo sono:
il vincolo della bilancia dei pagamenti;
l'aumentato grado di apertura delle economie;
la globalizzazione -l'unica!- del mercato dei capitali;
la sincronizzazione del ciclo economico dei diversi paesi;
il modello di sviluppo, universale ed accettato da tutti, basato sulle esportazioni e che poi è stato alla base della crisi del '29 sfociata nella II guerra mondiale;
nel caso dell'Europa, nell'adozione di una moneta unica (il famoso e famigerato EURO) in economie molto diverse e con obiettivi strategici addirittura opposti. Un effetto “moltiplicatore” della crisi in questo continente è stato sicuramente modellare i parametri "dell'unione" sulla base dell'unico paese strutturalmente esportatore.
L'azione di questi nuovi organismi economici -”veri e propri anticorpi capaci di attaccare e distruggere tutti gli agenti patogeni portatori più o meno sani di crisi”- dovrà “raggirare” tali meccanismi e tenere il più possibile all'interno -nel paese, nelle regioni, nelle città e nelle singole comunità- il reddito che queste hanno prodotto ed utilizzarlo come volano di ulteriore sviluppo in una specie di circolo virtuoso che miri a creare e consolidare condizioni di sviluppo economico pienamente sostenibile con l'ambiente e capace di imporre realmente migliori condizioni (ricordando anche che “la quantità non migliora la qualità”) di vita al di fuori dei meccanismi del consumismo e del degradante sviluppo indotto attraverso di esso, giocando da entrambi i lati dell'economia, non solo producendo unità economiche capaci di soppiantare le imprese capitalistiche, ma usando il potere d'acquisto di ogni singolo individuo in maniera, tendenzialmente e potenzialmente esclusiva per far crescere queste nuove realtà economiche.
In ultimo ma non per ultimo non basta mettere insieme, “raggruppare”, fare la sommatoria delle esperienze “alternative” che si sperimentano in campo economico per formare un partito, è necessario che queste esperienze siano cementate da un collante comune, da un comune sentire, da una identica aspirazione e questa non può essere che, di nuovo, l'aspirazione comune ad una società comunista.