domenica 26 agosto 2012

La borsa dell'impiegato.
All'imbrunire di una calda sera d'estate, immerso nel canto incessante, tranquillo e indifferente dei grilli, quando il giorno si accorcia ed annuncia malinconicamente che la stagione è ormai agli sgoccioli, camminavo in un viale stretto e lungo, uno di quelli dell'Emilia, che fiancheggiano un fosso o costeggiano campi -fanno "pianura"-, mezza strada vera e mezza bianca. D'umor nero, perso nei miei pensieri, nei miei guai, scandendo: "questo è l'ultimo anno". All'improvviso si materializzarono due estranei, i volti seri e torvi da cani ringhiosi, da assassini con profili di pietra. Si scambiarono non più di un paio di occhiate, un impercettibile segno del capo e, senza alcun motivo plausibile, mi furono addosso. Feci buon uso della mia inseparabile borsa da impiegato e delle mie lunghe gambe.